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AGRICOLTURA BIOLOGICA, ELICICOLTURA, ALLEVAMENTO DI ANIMALI ALTERNATIVI

Poiché l’attività agricola rimarrà alla base dell’organizzazione aziendale, i proprietari intendono indirizzarsi sempre più verso un modello di agricoltura che si basi sul recupero del passato, arricchito da nuove esperienze e sviluppo delle tecniche. L’agricoltura biologica e le produzioni tipiche di qualità stanno infatti lentamente e costantemente affermandosi sulla base di motivazioni che investono anche aspetti sociali, ambientali ed economici. Nel caso delle Marche la vocazione biologica è legata all’ambiente, al pedoclima, alle tradizioni ed al maggior rispetto per la natura. Non a caso qualità e tecniche produttive dei prodotti tipici sono spesso uguali o quasi, a quelle definite biologiche che spesso rischiano di rimanere lontane dalle abitudini quotidiane, anche se hanno proprietà organolettiche superiori e sono prodotti senza interventi chimici, nel rispetto della natura e dei consumatori. Le aziende biologiche marchigiane sono allo stato attuale circa 800, la superficie coltivata è pari a 9200 ettari, l’1,7% dell’area agricola utilizzabile. Numeri che evidenziano una caratteristica marchigiana che spesso corrisponde a scelte di qualità e capacità imprenditoriali: piccolo è bello, il che comporta che molto spesso i prodotti sono caratterizzati dalla vendita in azienda, con l’innegabile vantaggio di indimenticabili visite allo stupendo territorio montano, collinare e marino. Ancora oggi la logica autarchica che governava la famiglia mezzadrile e che era alla base dell’istituzione stessa della mezzadria sembra essere il miglior indirizzo da seguire, con l’obiettivo ben chiaro che all’interno dell’azienda si deve produrre di tutto, dall’olio al vino, dagli ortaggi ai cereali. Con lo spirito di innovazione e di sperimentazione che caratterizza il temperamento marchigiano si vorrebbe però tentare, nello stesso tempo, di allargare il settore produttivo investendo energie e mezzi nella sperimentazione di forme alternative di allevamento di animali, quali chiocciole da gastronomia , capre per la produzione di latticini e selvaggina (lepri). L’elicicoltura vale a dire l’allevamento a ciclo biologico completo della chiocciola da gastronomia, ha conosciuto negli ultimi 25 anni consistenti sviluppi che hanno evidenziato la fattibilità e la economicità di un allevamento da sempre sconosciuto e mai praticato. Oggi l’elicicoltura è una realtà agricola riconosciuta dagli enti pubblici ed istituzionali, molti dei quali (regioni e comunità montane) hanno legiferato a suo favore, creando interessanti incentivi economici per la diffusione della produzione ed il miglioramento della sperimentazione specifica. In Italia si contano oggi circa 5500 aziende professionali elicicole per un totale di circa 40.000.000 di metri quadrati dedicati a tale allevamento. Il mercato, già da sempre in grado di assorbire con facilità la produzione è andato via via crescendo, aprendo nuovi consistenti spazi al consumo, oggi il 75% coperto dall’importazione dai paesi dell’Est, nei quali stagionalmente avviene la raccolta naturale.

 

Anno

Consumo

Produzione Interna

% relativa

Importazioni

% relativa

1990

67.000

18.000

26%

49.000

74%

1991

69.200

18.700

27%

50.500

73%

1992

72.000

24.000

33%

48.000

67%

1993

76.500

27.000

37%

49.500

63%

1994

85.000

32.000

38%

53.000

62%

1995

103.000

36.000

35%

67.000

65%

Tabella comparativa consumi/importazioni
 
Negli ultimi dieci anni le lumache da gastronomia in Italia sono state soggetto attivo del mercato, segnando consistenti aumenti nei consumi ed una organizzazione del mercato stesso, il quale è stato testimone di una vera e propria rivalutazione del mollusco e delle sue utilizzazioni in cucina. Tra questi bisogna ricordare lo sviluppo registrato in Italia dall’allevamento a ciclo biologico completo con la conseguente propaganda degli allevatori e della loro organizzazione per il prodotto. In secondo luogo, la sempre più massiccia diffusione dei surgelati e dei piatti precucinati, preparati dalle industrie conserviere specializzate, ha portato al consumatore questo mollusco già pronto per l’uso in un tipo di conservazione che mantiene intatte tutte le sue caratteristiche organolettiche. Inoltre in molte regioni, tra le quali le Marche, la popolazione ha riscoperto la lumaca nella tradizionale gastronomia, rendendola protagonista di una cucina semplice e popolare quale quella delle feste dei partiti e delle sagre paesane. L’attuale situazione italiana dei consumi, tuttavia, conosce una continuità di mercato, durante tutto l’anno, solamente su poche piazze della nazione, mentre numerosi grandi centri, come la stessa Roma, Napoli, Bari, Firenze oggi hanno una presenza di lumache sui mercati generali ( pesce od ortofrutta ), meno di cinquanta volte all’anno. Questo fatto, legato alla scarsa disponibilità del prodotto, va unito alla mancanza, per il momento, di aziende commerciali organizzate a garantire quotidianamente il prodotto fresco in confezioni standard, come avviene per la frutta e la verdura. Gli attuali circa 60.000 quintali, con una adeguata ed organizzata distribuzione ai grandi, medi e piccoli punti di vendita, potrebbero senza dubbio moltiplicarsi e fare crescere l’attuale basso consumo pro capite che è di appena gr. 100 all’anno, corrispondente a gr. 30 circa di carne effettivamente utilizzata Esistono quindi i presupposti economici e tecnici perché l’allevamento della chiocciola si sviluppi; il nostro obiettivo a proposito è la fornitura di prodotto trattato, conservato e pronto all’uso, al fine di evitare al consumatore un eventuale impatto negativo con il prodotto fresco. Tuttavia è indispensabile che si segua una strada di rigida impostazione tecnica nella conduzione degli impianti, con particolare riferimento ai temi alimentari e a quelli genetici della specie allevata. Devono perciò essere messe al bando improvvisazioni, superficialità e mancanza di professionalità che portano inevitabilmente al fallimento delle iniziative ed al conseguente disorientamento nei confronti dell’allevamento elicicolo. Il sistema di allevamento a ciclo biologico completo rappresenta, nel panorama italiano, la percentuale del 95% degli impianti di elicicoltura. In Italia l’elicicoltura si attua esclusivamente su libero terreno all’aperto, senza coperture o l’uso di strutture di protezione, in quanto l’attività diventa produttiva ed economica solamente se impostata con costi relativamente limitati e controllati. Questo metodo consiste nell’introdurre in appositi recinti chiocciole destinate ad accoppiarsi e a moltiplicarsi. La vendita del prodotto è costituita quindi non dalle chiocciole immesse, ma da quelle che nascono da esse e si sviluppano nel periodo di ingrasso. In un allevamento elicicolo all’aperto le recinzioni diventano le strutture più importanti in quanto devono evitare la fuga dei molluschi e contemporaneamente proteggerli dai predatori e devono inoltre suddividere l’allevamento in settori chiamati recinti, intervallati da passaggi diserbati dove l’allevatore può camminare e lavorare senza correre il rischio di calpestare i molluschi e di conseguenza essere facilitato anche per la raccolta degli stessi.
Esempio di allevamento elicicolo a ciclo biologico completo
Se nei primi anni di storia dell’elicicoltura era molto difficile riuscire ad ottenere una costanza di produzione per unità di misura di allevamento, con il perfezionarsi delle tecniche e dei sistemi possiamo avere ora dei dati di produttività non troppo discordanti e sufficientemente costanti. La resa media nazionale, a gestione corretta, si aggira sui 15-20 soggetti vendibili ogni riproduttore introdotto in allevamento, che corrisponde indicativamente a kg 0,9-1,1 per ogni metro quadrato di impianto (misura considerata sul totale del parco compresi gli spazi destinati ai servizi).